mercoledì 22 marzo 2017

CORRENTI DI GUERRA. Psichiatria militare e faradizzazione durante le Prima guerra mondiale

sotto il link alla versione pdf da scaricare dell’opuscolo di Marco Rossi “Correnti di guerra”. Sulla psichiatria militare e l’uso della corrente elettrica durante la prima guerra mondiale, autoprodotto dal Collettivo Artaud.

 https://artaudpisa.noblogs.org/files/2017/03/correnti-di-guerra-pdf.pdf

qui la prefazione:

''Continua  la  collaborazione  con  Marco,  di  cui  abbiamo  imparato  ad  apprezzare  il  preciso  lavoro  di  ricerca  storica.
In  questo suo ultimo scritto, ci rende noto come durante la Prima Guerra Mondiale, quindi prima dell’invenzione dell’elettroshock, la  corrente  elettrica  fosse  già  utilizzata  sui  soldati  degli  eserciti  europei «per il trattamento delle nevrosi di guerra, oltre che per smascherare  presunti  simulatori».  Siamo  di  fronte  alla  prima  affermazione della corrente elettrica come strumento di “cura” e punizione.
Alla Prima Guerra Mondiale e all’uso della corrente faradica sui soldati, seguiranno gli anni della sperimentazione delle terapie da shock che consistono nell’infliggere volontariamente un trauma, ritenendo che il controllo e la gestione dello shock così provocato possa portare risultati terapeutici.
Nei   manicomi,   nelle   cliniche   psichiatriche   universitarie   e   religiose, così come nei lager, si perfeziona l’induzione di stati di incoscienza con l’utilizzo delle più svariate sostanze e procedure.
Dal 1917 al 1935, si introducono in psichiatria la malarioterapia, la  “cura  del  sonno  a  permanenza”  tramite  iniezione  ciclica  di  barbiturici,  lo  shock  insulinico  e  la  terapia  convulsiva  mediante  iniezioni  di  Cardiazol.  Ma  è  nel  1938  che  la  corrente  elettrica  si insedia ufficialmente tra gli strumenti di “cura” psichiatrici; a Roma Cerletti sperimenta infatti l’ultima delle terapie da shock: l’elettroshock.
Nonostante la brutalità di tali pratiche, tanto il coma insulinico come la convulsione da Cardiazol si diffusero immediatamente.
Lo  stesso  avvenne  poi  per  l’elettroshock,  tuttora  utilizzato  e  largamente  praticato  in  Italia,  dove  siamo  passati  nell’ultimo  decennio  da  9  a  più  di  90  strutture  attrezzate  per  la  cosiddetta  terapia elettroconvulsivante (TEC).
Come sottolinea Marco, dolore e terrore erano nei primi decenni del  ‘900  parte  fondamentale  delle  pratiche  psichiatriche  di  investigazione e recupero; ma ancora oggi queste non hanno mutato  la  loro  essenza  violenta  e  si  manifestano  attraverso  la  coercizione,  l’obbligo  di  cura,  la  contenzione  fisica  e farmacologica.
Durante la Prima Guerra Mondiale decine di migliaia di persone furono internate nei manicomi. La psichiatria militare rifiutava però  di  riconoscere  nella  guerra  la  causa  delle  psiconevrosi  dei  soldati  che,  come  ci  spiega  Marco,  erano  considerate  effetti  collaterali che si manifestavano in individui “predisposti”.
Il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) è oggi catalogato nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), come  la  possibile  risposta  di  un  soggetto  a  un  evento  critico  abnorme (terremoti, incendi, nubifragi, attentati, azioni belliche, incidenti  stradali,  abusi  sessuali,  atti  di  violenza  subiti  o  di  cui  si è stati testimoni, etc.). A questa nuova “malattia” si risponde con  trattamenti  psico-farmacologici  dagli  esiti  spesso  letali. 
Tra  i  soldati  statunitensi  in  Afghanistan,  sono  più  quelli  che  si  suicidano una volta ritornati a casa (a volte dopo aver sterminato anche la famiglia), che quelli morti in combattimento.
La  stessa  diagnosi  PTSD  e  lo  stesso  trattamento  vengono  somministrati  alle  vittime  di  guerra  con  risvolti  drammatici:  sempre più si diffondono antidepressivi e antipsicotici nei campi profughi, negli Hot Spot, nei CIE. Per le donne Kurde Yezide che si disperano troppo per la perdita dei loro figli o parenti, si aprono le porte dei manicomi turchi dove neanche si parla la loro lingua.
Simile dramma viene vissuto dai bambini palestinesi della striscia di Gaza, costretti a vivere fin dalla nascita in quella prigione a cielo aperto su cui le multinazionali delle armi sperimentano sempre nuovi ordigni; il 90% di loro soffre di disturbi psicologici, ma niente paura: centinaia di ONG occidentali importano diagnosi e cure come da DSM V.
Un orribile quanto reale paradosso che rivela, oggi come allora,l’inganno e la strategia che gli sta dietro: curare il sintomo, cioè la persona  “disturbata”,  piuttosto  che  intervenire  sulle  reali  cause  del  disturbo,  cioè  la  guerra,  l’occupazione,  i  bombardamenti, l’embargo, la fame.
Guerre,    controllo    psichiatrico    mascherato    da    intervento umanitario  e  business  delle  multinazionali  del  farmaco,  sono  un pericoloso mix che dovrebbe renderci più vigili su ciò che il futuro sembra riservarci.
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

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