giovedì 30 luglio 2015

L'ennesima vittima di un sistema che non funziona.

Riporto integralmente l'articolo de "Il mattino". Ognuno tragga le conclusioni che preferisce, legittimi o meno il comportamento dei militari, fatto sta che la procedura di T.S.O. ha creato un'altra vittima. Su questo non ci sono dubbi.

Veronika


Padova. Rifiuta il Tso, aggredisce i carabinieri che gli sparano: ucciso

Mauro Guerra, 30 anni, aggredisce un carabiniere e scappa: freddato dal collega. La tragedia nei campi di Carmignano di Sant'Urbano. E la famiglia chiede chiarezza. Il carabiniere che ha sparato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo

 SANT’URBANO. E' stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo il carabiniere che ha sparato e ucciso Mauro Guerra, il giovane che era scappato dopo aver rifiutato il trattamento sanitario obbligatorio. Un gesto dovuto da parte della procura di Rovigo (competente nel territorio della Bassa) anche per permettere al militare di nominare un difensore che potrà essere presente alle prove balistiche e alle ricostruzioni dell'accaduto. 
Dimesso il carabiniere ferito. Intanto è stato dimesso il carabiniere che era stato aggredito da Guerra. Fatto che ha portato il collega militare a sparare e uccidere il giovane. Il carabinieri ferito è stato dimesso con una prognosi di 30 giorni per le 6 costole fratturate e i colpi alla testa ricevuti da Guerra.
La ricostruzione della tragedia. Hanno ucciso un uomo nudo e disarmato. L’hanno freddato i carabinieri in mezzo alla campagna. Mauro Guerra, 33 anni, laureato in Economia aziendale, dipendente di uno studio di commercialista di Monselice, buttafuori per arrotondare in un locale di lap dance, pittore e designer per passione, è morto dissanguato dopo che un colpo di pistola gli ha oltrepassato il fianco destro. È successo ieri a Carmignano di Sant’Urbano, un paese dove tutti conoscono i carabinieri per nome. Lì la gente li conosce uno per uno perché loro sono la Legge. Solo che quella stessa Legge, ieri, ha tolto la vita a un uomo disarmato. Violento ma disarmato.
Il colpo fatale. Gli ha sparato il comandante di stazione, il maresciallo Marco Pegoraro, insediato appena tre mesi fa nel comando che copre una vasta zona rurale tra l’estremo lembo della provincia di Padova e l’inizio di quella di Rovigo. Due colpi in aria e uno al fianco (anche se alcuni testimoni dicono di aver sentito quattro botti) con la sua Beretta calibro 9 di ordinanza. Voleva salvare un collega. Voleva fermare il trentatreenne per togliergli dalle grinfie Stefano Sarto, 47 anni, brigadiere del nucleo Radiomobile di Este, l’unico a rincorrere Mauro Guerra mentre questo, scalzo e in mutande, provava a fuggire attraverso i campi.
L'inseguimento. Il militare l’ha raggiunto dopo una corsa sfiancante sotto il sole cocente. Seppur stremato è riuscito a stringergli una manetta al polso. Sembrava tutto finito. La trattativa estenuante iniziata poco prima delle 13 per un trattamento sanitario obbligatorio pareva essere giunta a conclusione. Ma dopo un accenno di remissione Guerra ha reagito in modo brutale. È riuscito a liberarsi dalla stretta e ha iniziato a colpire il brigadiere alla testa con le manette. Il militare è finito a terra e lui, cento chili per un metro e ottanta, ha continuato a infierire. Il comandante di stazione ha visto la scena da lontano. Ha intimato l’alt. Ha sparato due colpi in aria ma la brutale aggressione continuava. Così ha mirato e ha fatto fuoco ancora, stavolta puntando la canna dell’arma sul corpo nudo che copriva il collega a terra. Il colpo ha trafitto il giovane al fianco, gli ha tolto in un attimo forze e respiro.
Soccorsi inutili. Medici e infermieri presenti per ultimare il trattamento sanitario obbligatorio sono accorsi per tamponare la ferita. Cinquanta minuti di massaggio sul posto. L’elisoccorso che parte da Treviso. Le pattuglie dei carabinieri che si moltiplicano. Operai che escono dalle fabbriche. Residenti che accorrono in strada. Sembrava potesse farcela ma alla fine il suo cuore si è fermato. Mauro Guerra è morto poco prima delle 16. «Nemmeno un cane si uccide in questo modo», gridava la sorella Elena trovando la solidarietà di tutti i compaesani.

Mauro, un uomo difficile. Una personalità complessa quella di questo ragazzo cresciuto con i genitori nell’abitazione di via Roma 36. Costituzione robusta e animo sensibile. Passione per la cultura fisica ma propensione per l’arte. Ci metteva poco a venire alle mani, Mauro Guerra. Con la stessa facilità, poi, ti poteva parlare dell’amore e della fede in Dio. Aveva fatto il militare in uno dei reparti più duri: i carabinieri paracadutisti. Poi la sorte l’aveva allontanato dalle forze armate e aveva scelto di proseguire con gli studi. Il suo era un caso noto. In questi ultimi anni aveva perso i punti cardinali e, a volte, esagerava con le reazioni. Lo sapevano i medici del paese, lo sapeva il sindaco e lo sapevano anche i carabinieri.
La denuncia. Il suo atteggiamento era facilmente fraintendibile. A tratti molesto. In genere mandava messaggi via Facebook ma qualche giorno fa si è spinto oltre. Ha inviato un mazzo di fiori a casa di una ragazza del posto, una ventenne che evidentemente gli piaceva. Lei che lo conosceva è corsa dai carabinieri a raccontare tutto e in quel momento si è attivato tutto l’apparato previsto per legge quando si annusano casi di possibile stalking commessi da persone potenzialmente border line. Probabilmente, in quel momento, le autorità hanno deciso di agire.
Trattamento sanitario obbligatorio. Ieri verso mezzogiorno sono stati i familiari a segnalare il precario equilibrio umorale di Mauro Guerra. Quando la pattuglia del nucleo Radiomobile si è presentata davanti a casa, il trentatreenne è uscito in cortile nudo. Indossava solo le mutande. Sudava e parlava a sproposito. Sosteneva di voler parlare con un certo “Vito”, militare in forze alla stazione di Carmignano che evidentemente lui conosceva bene. Ma i protocolli previsti in questi casi sono rigidi e chi deve essere preso in consegna dall’autorità sanitaria non può scegliersi questo o quel carabiniere. Così gli animi si sono scaldati in un attimo. Mauro entrava e usciva di casa. I militari gli parlavano e lui non li ascoltava. Si innervosiva sempre di più e non dava retta a nessuno, nemmeno ai genitori. Medici e infermieri dell’ambulanza, partiti dal pronto soccorso dell’ospedale di Schiavonia per un “codice verde”, sono stati avvisati strada facendo che la situazione si stava complicando. E dalla prospettiva di un semplice ricovero in Psichiatria, si sono trovati a dover praticare la tracheotomia a un giovane dissanguato.
Ora i compaesani piangono per Mauro Guerra. Piangono per la morte di un ragazzo che hanno visto nascere. Piangono perché stavolta a sparare è stata la Legge.

martedì 28 luglio 2015

Per fare un tavolo ci vuole il legno...




Il Camap è un collettivo che si occupa di Antipsichiatria, A-psichiatria, No psichiatria o psichiatria critica. Chiamatela come volete, ma la nostra idea è che le persone non dovrebbero essere private della loro libertà per un motivo “medico” (vedi la voce T.S.O.), da ciò deriva che il nostro obiettivo finale è l’abolizione della coercizione psichiatrica. Punto.

Ovviamente parliamo di un risultato che, se mai un giorno arriverà, sarà solo dopo dure battaglie e un lungo cammino. Cammino già da tempo segnato da difficoltà, molto spesso create proprio dalle stesse persone da cui ti aspetteresti un po’ più di comprensione, tuttalpiù indifferenza, ma sicuramente non diffidenza e “controllo”.

Sono volutamente vaga e non voglio fare nomi di individui o associazioni che sin dall’apertura del blog hanno costantemente cercato il famoso “pelo nell’uovo”. Non è assolutamente per paura o per evitare di creare possibili nemici: sinceramente non ce ne frega niente. Evito di puntare il dito contro chi “osserva” il nostro lavoro principalmente per due motivi. Il primo è che le critiche ricevute al nostro operato provengono a 360 gradi da vari ambienti politici, sociali, medici, senza distinzioni di classe o di orientamento politico. Sia chiaro: le critiche sono sempre ben accette se orientate alla crescita e al miglioramento, non al rifiuto, alla messa in ridicolo o alla ricerca di potenziali nemici da stanare. Il secondo motivo per cui non desidero nominare chi ci mette i bastoni tra le ruote è che non vale la pena fare pubblicità a chi nella vita non sa fare altro che criticare gli altri, opporsi, rifiutare. Critica, opposizione e rifiuto sono valori solo ed esclusivamente nel momento in cui vengono affiancati da alternative concrete, proposte e impegno.

Dal mio punto di vista vale ben poco chi ha delle ottime idee, ma non fa nulla per metterle in pratica. Allo stesso modo chi attacca un servizio ai cittadini (di QUALUNQUE estrazione politica, sociale o religiosa),  quale è diventato il Camap in questi anni, dovrebbe almeno porre in atto un’alternativa di un qualche tipo.

Forse non risponderemo istantaneamente alle mail (questa potrebbe essere una critica valida!), ma il nostro impegno per essere concretamente d’aiuto nei confronti di chi subisce prevaricazioni da parte della scienza psichiatrica è costante. Abbiamo da poco aperto una linea telefonica di supporto, teniamo serate informative per chiunque voglia ascoltare la nostra  esperienza, pubblichiamo ogni 3 o 4 giorni post informativi, scientifici, artistici o di svago per aumentare la consapevolezza delle persone. Ci sarebbe molto altro, ma non voglio continuare su questa linea.

Concludendo voglio solo ricordare che tutto ciò che facciamo è GRATIS, che non abbiamo alcuna affiliazione politica e che non collaboriamo con nessuna istituzione. Tutto ciò non ci ha impedito di aiutare molte persone, concretamente…

P.S. Se qualcuno si chiedesse (polemicamente) quali sono i dati effettivi dell’aiuto dato dal Camap, sono terribilmente spiacente ma noi non facciamo raccolte statistiche: non abbiamo committenti a cui dover quantificare il nostro lavoro. Un vero peccato per gli amanti dei numeri.

Veronika

domenica 26 luglio 2015

I am writing to the people proud to be mentally ill...

Everybody suffers.

it’s a natural phenomenon and pain is part of our life. As well as is anger, joy, emptiness, euphoria and other million different sensations. To label a natural human feeling as a mental illness or disorder is an unnatural extirpation of our dignity and rights as human beings. Please, please don’t just stop reading now.

This is what Psychiatry does: letting you believe you’re ill just for feeling things, hearing voices or act in your personal way. Do you like things to be neat in your life? You have OCD and here’s your medication (and my parcel). Are you a lively active being getting bored easily? You are now diagnosed with ADHD and enojoy your pill for this. Sounds crazy but that’s how psychiatric diagnosis works, by statistics.

The DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) is the system most used by psychiatrists to determine and summarize mental disorders. It doesn’t take count of the patient’s life history and is founded on objective statistical basis. They basically decide whether a behaviour it’s an illness or not by the show of hands. It is also used by insurance companies to determine coverage. Please google it and read how it works, find out that is not based on the subjectivity of patient.

Unfortunately many people find reassuring the thought of being ill, find romantic taking medications and describing themselves as the disorder box they’ve been put into. I find this sad and unnatural. Nobody needs to feel ill to feel comforted.

Obviously they’d feel disgusted, offended and extremely angry if anyone calls their illness into discussion, saying that ‘mental illness doesn’t exist’ or that 'psychiatrists are not real doctors’. It’s an usual reaction, they’d feel unrespected, they’d feel like their pain is not considered seriously, that their feelings are not believed. That’s not what I think, pain is real and so is desperation, fear and so on. What I’m here to say is that to really love and respect yourself you should never trust a discipline that, every year, creates new deseases according to trends and to society needs. You should never entrust your life completely into psychiatrists’ hands. YOU should determine yourself, not a desease. YOU should find out what’s good for you, what is the basis of your pain and then what makes you feel better. Medications are indeed drugs, and the fact that child prescription is growing fast should really alarm you about this. Children are free and don’t need medication for their behaiviour, there’s no doubt about it. You would never let your child take drugs, so why psychiatric medications?

preso da : http://outsidetheward.tumblr.com/ (blog in inglese tenuto da una ragazza del CAMAP)

domenica 19 luglio 2015

Pat­Ver­fü



Spot promosso da Nina Hagen sulla possibilità introdotta nel 2009 in Germania di formulare un'autodichiarazione preventiva da parte dei cittadini tedeschi rispetto alle proprie volontà relative al consenso/rifiuto dei trattamenti sanitari o dell'accanimento terapeutico in situazioni in cui la persona non può esprimere più il proprio consenso.
In Germania i gruppi antipsichiatrici hanno applicato la normativa all'ambito dei trattamenti psichiatrici obbligatori, producendo un facsimile di dichiarazione anticipata di volontà con la quale opporsi all'imposizione di diagnosi e cure psichiatriche.
per ulteriori informazioni: http://www.patverfue.de/en

martedì 14 luglio 2015

La testa fra i ceppi - Una poesia di Giorgio Antonucci


 
La testa fra i ceppi

li hanno modellati
per i pazzi

a forma
concava

sul modello del cranio

Certamente non possono
essere precisi

Ce ne vorrebbero
troppi

Ce ne vorrebbero
troppi

Ce ne vorrebbero
a molte dimensioni

Bisognerebbe tagliarli
con curvature
diverse

Non so se mi intendi
il nostro
lavoro
è un pò complicato

Però io non c’entro
sono
un semplice
sorvegliante

io faccio il mio mestiere

faccio il mio mestiere
e basta!

Ma anch’io ho una testa
per riflettere!

Anch’io
ho un’esperienza

Sono qui da vent’anni
e so
molte cose

Bisognerebbe tagliarli
con curvature
diverse

Non so se mi intendi
il nostro
lavoro
è un pò complicato

Si tratta
di matti!

La testa
capisci?

La povera
testa
malata!

Mi parlava
con aria competente
con atteggiamento da lunga esperienza
con qualche
sguardo
malizioso
con occhiate
d’intesa

La testa
capisci?

La povera
testa
malata!

Se vieni
ti porto
a vedere

ti porto
a vedere
Vincenza

“la nostra
bimbetta”

La chiamiamo così
in tono affettuoso
perchè ci fa pena

perchè l’abbiamo
accolta
qui
da bambina

aveva quattro anni

Ebbene è malata
è molto malata

ti porto a vedere
vedrai la sua cella

vedrai che è legata

La testa fra i ceppi
a capo del letto

E poi se la sleghi
(ci abbiamo provato!
ci abbiamo provato!)

ti guarda impaurita
(lo sai non capisce)

e cade per terra

e batte la fronte

e grida

e non parla

Mi ha detto il dottore
(un grande scienzato
un grande scienzato
che sa quasi tutto)

tenetela ferma!

perchè la slegate?

Ha male qui dentro
Ha male alla mente
Ha male al cervello

tenetela ferma
tenetela fissa!

Guardate il suo sguardo

Lo sguardo è smarrito

Ha male qui dentro
Ha male alla mente
Ha male al cervello

tenetela ferma
tenetela fissa!

La testa fra i ceppi.

sabato 11 luglio 2015

TELEFONO CAMAP: Da Oggi Attivo


Da oggi oltre allo sportello di consulenza via mail sarà attivo anche il servizio Telefono Camap, una linea telefonica alla quale risponderà un operatore che ha subito una lunga trafila psichiatrica e che ha una significativa esperienza al riguardo.
L'obiettivo del servizio non è di fornire una consulenza terapeutica bensì quello di dare supporto, aiuto, condividere esperienze o semplicemente relazionarsi per non sentirsi soli a seguito di un percorso psichiatrico.
Il servizio è attivo tutti i giorni, chiamare preferibilmente dalle ore 17 alle 19.
Clicca qui per il numero.
Per ogni altro tipo di richieste, informazioni (anche legali), chiarimenti, approfondimenti, contatti etc rivolgersi allo sportello via mail, che trovate nella barra a destra.

martedì 7 luglio 2015

La devianza come malattia – A-rivista anarchica n°398

Recensione “Fra diagnosi e peccato” di Chiara Gazzola – Estratto 

…”L’autrice di formazione antropologica,dimostra attraverso un approccio storico, sociologico, antrpologico come la diversità sia considerata indice di irrazionalità e insensatezza, una minaccia al corretto funzionamento dell’ordine morale e sociale. Sottolinea il carattere ambiguo, soprattutto nell’ambito della classificazione delle malattie mentali in psichiatria: l’anomalia, come antitesi di normalità, è irretita di attributi morali. L’ambito psichiatrico contribuisce ad alimentare il nostro pregiudizio rispetto a ciò che per noi è alienazione mentale, follia. Per altre culture, invece, rappresenta l’esternazione di uno spirito che porta ad agire al di sopra della volontà delle persone, l’anomalia sociale è interpretata in funzione del bene della collettività e inserita in un contesto di credenze condivise”….


…”Per un approccio alla terapia, la fiducia è indispensabile all’efficacia della cura stessa. Nella voce corale delle testimonianze raccolte, ricorre la richiesta di ascolto, conforto alla sofferenza. Si chiede Gazzola: “Quando la relazione tra individui è disturbata da burocrati, agenti di controllo e giudici o si attua all’interno di progetti nei quali il poter fare si basa su poteri di forza, può avviarsi un rapporto di reciprocità?” Le ingiustizie evitabili generano un dolore spesso impossibile da accettare.”


…”C’è una sottile e discriminatoria linea di confine fra prendersi cura e gestire l’aiuto, come ben dimostra l’analisi su etnopsichiatria e flussi migratori……L’assistenzialismo è il volto buono delle istituziioni totali. L’esclusione viene attuata ogni volta in cui si crea una categoria o una situazione che susciti scandalo, un risentimento sociale al quale si abbina una giustificazione “scientifica”. Le aree di studio dell’etnopsichiatria pongono attenzione ai fattori ambientali e sociologici, ma giustificano una cura farmacologica chiamando ogni conflitto con il nome di una patologia. Pertanto si esclude una soluzione attraverso un approccio culturale e relazional.”


…”Nelle coversazioni riportate a conclusione del saggio – pregevole quella con Giorgio AntonucciMichela Zucca, antropologa, commenta: “La condivisione, la solidarietà, la spinta ideale collettiva aiutano a superare le sofferenze individuali. Se una persona è coinvolta e impegnata in un progetto riuscirà più facilmente a non cadere nel malessere: in questo senso la lotta è terapeutica”.


Giorgio Antonucci, medico, in Diario dal manicomio (qui) scrive: “Non è detto che una persona debba attenersi per forza alla vita empirica invece che essere fantasiosa, specialmente se il sognare a occhi aperti le è utile per vivere, e non è detto che debba rispettare i pregiudizi e le convenzioni della società quando queste le divengono intollerabili.)


L’articolo completo di Chiara Piccinelli, su Arivista anarchica, 398, maggio 2015


Fra diagnosi e peccato. La discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione.Chiara Gazzola (qui)
fonte: http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net

giovedì 2 luglio 2015

Alcuni chiarimenti fondamentali...



Esistono diversi modi per approcciarsi alla questione psichiatrica. Allo stesso modo, possono esistere divergenti punti di vista su ciò che può essere chiamata coercizione psichiatrica, ma che spesso diventa sinonimo di violenza e sopruso. Gli “occhiali” con cui guardare un certo problema spesso ci spingono a vedere solo determinate sfaccettature, quando un cambio di lenti può portare la persona a riesaminare certe questioni secondo una nuova ottica. L’avanzamento scientifico e il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini di solito avvengono perché un singolo individuo o un gruppo di persone mettono in dubbio ciò che fino ad allora veniva considerato il paradigma ufficiale. La storia è piena di esempi. E’ come se tutto scorresse tranquillamente, finché una rivoluzione arriva a sconvolgere la dottrina vigente e l’approccio ad una determinata materia cambia radicalmente. A questo punto le strade percorribili sono due: abbracciare il nuovo paradigma o trincerarsi a salvaguardia di quello vecchio. Non è una scelta scontata e spesso prendere delle decisioni equivale a lottare e sacrificarsi per la propria idea.

Questa breve premessa vuole introdurre alcune precisazioni su come il CAMAP vede la questione OPG e su alcune necessarie distinzioni con il movimento “Stop OPG”. Tali puntualizzazioni si rendono necessarie per evitare una generica confusione (che qualcuno ha già fatto purtroppo) sugli obiettivi dell’Antipsichiatria in Italia e sull’attività di “Stop OPG”, che non può essere assimilata assolutamente alla nostra concezione di Antipsichiatria.

Innanzitutto il CAMAP non ha nessuna affiliazione politica e non nasce dalla costola di partiti politici, associazioni o altre strutture previste dalla legislazione italiana. Noi siamo un collettivo senza cariche e senza rapporti di alcun tipo con le istituzioni. Parliamo direttamente con le persone interessate al nostro punto di vista e cerchiamo di offrire un aiuto a chi ne ha bisogno, tramite i nostri mezzi (Blog, Sportello d’Ascolto, Serate Informative, Concerti Benefit…), del tutto gratuiti e autofinanziati. Non abbiamo bisogno di essere riconosciuti da nessuno come “ente” o “associazione” di alcun tipo proprio perché non desideriamo convalidare il punto di vista della repubblica italiana sulla scienza psichiatrica. In particolare, battendoci contro i sistemi coercitivi utilizzati dallo stato per dominare i suoi cittadini, ricondurli ad una presunta “normalità”, addomesticarli a ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, noi rifiutiamo questo paradigma di pensiero. Conseguenza di tale posizione è il nostro rifiuto a qualsiasi collaborazione che si basi sull’accettazione della coercizione, di qualsiasi tipo essa sia. Crediamo fortemente che la lotta a certe forme di fascismo non possa prevedere come punto di partenza la loro accettazione nel tentativo di cambiare le cose dall’interno del sistema. In particolare, noi non siamo d’accordo nel voler trasformare gli OPG in altre strutture, fossero anche più “democratiche”, “aperte” o con la piscina e la musicoterapia. Noi siamo favorevoli solo ad una chiusura di tali strutture e a una revisione dell’intero impianto teorico che sostiene il concetto di salute e malattia mentale.

Per questi motivi vogliamo sottolineare ancora una volta la nostra distinzione da un’associazione come “Stop OPG”, che si batte si per la chiusura di tali strutture, ma in un’ottica di accettazione del sistema vigente e della legge italiana. “Stop OPG” è sostenuta da varie associazioni, enti e sindacati (ad esempio la CGIL) e affonda le sue radici in premesse che non ci trovano assolutamente concordi, prima fra tutte il consenso all’utilizzo di termini come malattia e salute mentale.

Concludendo, la nostra visione del problema psichiatrico è diametralmente opposta, ma ciò spero non possa impedire comunque un dialogo sulla questione. Era necessario però stabilire alcuni “paletti” in grado di chiarire quella che è l’impostazione del CAMAP (e della rete Antipsichiatrica in generale) e le posizioni di “Stop OPG”.