mercoledì 29 ottobre 2014

Antonin Artaud - Lettera ai primari dei manicomi

[...] Non staremo qui a sollevare la questione degli internamenti arbitrari, per evitarvi il penoso compito di
frettolosi disconoscimenti. Noi affermiamo che un numero dei vostri ricoverati, perfettamente pazzi secondo la definizione ufficiale, sono anch’essi internati arbitrariamente. Non ammettiamo che si interferisca con il libero sviluppo di un delirio, altrettanto legittimo, altrettanto logico, che qualsiasi altra successione di idee o di azioni umane. La repressione delle reazioni antisociali è, per principio, tanto chimerica quanto inaccettabile. Tutti gli atti individuali
sono antisociali. I folli sono per eccellenza le vittime individuali della dittatura sociale; in nome di questa individualità, che appartiene all’uomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri, forzati della sensibilità perché è pur vero che non è nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono.
Senza insistere sul carattere perfettamente geniale delle manifestazioni di certi folli, nella misura in cui siamo
in grado di apprezzarle, affermiamo l’assoluta legittimità della loro concezione della realtà, e di tutte le azioni
che da essa derivano. Possiate ricordarvene domattina, all’ora in cui visitate, quando tenterete, senza
conoscerne il lessico, di discorrere con questi uomini, sui quali – dovete riconoscerlo – non avete altro
vantaggio che quello della forza. [...]


Info, approfondimenti: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=3315&biografia=Antonin+Artaud

lunedì 27 ottobre 2014

Gioco d'azzardo patologico

Riporto un articolo scritto dal Professor Barbetta e apparso su DoppioZero.
Buona lettura!

Veronika

Gioco d'azzardo patologico
Pietro Barbetta


Il canto delle sirene costringe Ulisse a farsi legare, lo ascolta senza esserne inghiottito. Gli antichi conoscevano i pericoli dell'Aion, l’istante eterno. Finché si tratta di un fanciullo che gioca questa temporalità è necessaria e benevola, avviene dentro il legame, è un tempo circoscritto dai codici della flessibilità materna. Fuori dalla relazione, resistere alla potenza dell’Aion necessita ben altri legami, perciò l'uomo dalle personalità multiple – polytropos – si fa legare al palo con robuste corde. Vuole ascoltare senza perdere il principium individuationis. Nelle sale da gioco non ci sono orologi.

Personalità multipla è diagnosi caduta in disuso. Diffusa negli anni Novanta indicava la presenza di un disturbo mnesico importante: “A tratti, non ricordo più chi sono, sono altro”. Una donna rientra a casa con la borsa piena di pezzi di parmigiano e borsellini altrui, a volte è fermata dalla polizia che l’accusa di furto. Poi il ricovero psichiatrico. Quando la incontro mi rendo conto che fissarle il prossimo appuntamento sarà un problema. Il dionisiaco – perdita della memoria identitaria – ha bisogno dell'apollineo – il racconto; il fanciullo che gioca desidera ascoltare la voce materna che lo richiama e lo accoglie, esperienza fatica.

Il gioco d'azzardo è l’evento contemporaneo delle sirene, chi ode quei suoni è perduto, affoga prigioniero delle acque di un acquario; luci artificiali, vetri bruniti, senza richiamo alla realtà. Si dice che il problema è individuale, che si tratta di guarire la patologia individuale. Probabile che tra le ragioni del declino della personalità multipla nel nostro tempo ci sia una diffusione così capillare del fenomeno da renderlo normale: giochi finanziari, d'azzardo, giochi cibernetici, gente che non dorme la notte perché deve vendere le vacche nella fattoria virtuale, che non lavora più perché deve chattare, che si fa curare con un ansiolitico che ti fa temporaneamente scordare le vacche da vendere. Avere personalità multiple è diventato normale. È normale perdersi dietro le sirene, dimenticare il mondo. In questo clima culturale è normale perseguire il fine di mangiarsi fuori tutto, riscattare la miseria dell'anonimato per avere in cambio l’illusione di emergere dalla folla solitaria. Il mondo è in fase di dissociazione.

Quando ero in prima elementare, il primo giorno di scuola, davanti al ritratto di Gronchi, ci regalarono un salvadanaio a forma di libro, iniziativa della banca locale, forse anche questo era gioco d'azzardo. Ci spiegarono come la virtù principale del popolo italiano fosse il risparmio; scuola elementare di provincia, come vivere in un film di Pupi Avati. Quel tipo di cultura, crescendo, ci apparve meschina, egoista, familista. Contestavamo la normalità. Quel che non sapevamo era che quella condizione era del tutto eccezionale, si era nel bel mezzo di una pace perpetua che sarebbe finita precocemente. Negli stessi anni la dissipazione si stava manifestando dove lo spirito puritano del capitalismo si dissolveva.

 Secondo i dati forniti dai burocrati, i giocatori d'azzardo patologici sarebbero uguali al numero dei pazienti in cura per gioco d'azzardo patologico. Il presupposto di questi dati è che il gioco d'azzardo sia attività normale, come leggere libri, andare al cinema, bere il caffè, fare una passeggiata in montagna. Per ognuna di queste attività ci si può ammalare, se si leggono troppi libri si diventa miopi e si consulta l'oculista, se si va troppo al cine può venire il mal di schiena e si va dall'ortopedico, ecc. Invero la cura funzionale del gioco d'azzardo è funzionale alla ripetizione del gioco d'azzardo, funziona in questo senso. Senza starci su troppo a pensare, l'esperto di gioco d'azzardo patologico è chi cura, senza cultura, il gioco d'azzardo patologico. Serie di tautologie burocratiche.

Ancor più interessante è il fenomeno educativo. La playstation è entrata nelle scuole sotto le spoglie di tablet distribuiti a piene mani con i soldi trattenuti, da anni, agli insegnanti. Secondo questa prospettiva, gli insegnanti sono diventati obsoleti. La società futura, che è già qui, può farne a meno. Può fare a meno dell'altro, della famiglia, della scuola, della comunità, della società, della vita. Si impara da soli, con un tablet in mano, si produce da soli, con il tablet, si gioca nello stesso modo. S'ingurgita cibo ordinato con il tablet al supermarket, si fa sesso chattando, ci si può sottoporre persino a una visita medica o a una seduta psicoterapeutica col tablet, le uniche azioni irriducibili al tablet sono rimaste i bisogni corporali. Forse il momento della liberazione verrà quando useremo il tablet come latrina.

L'analisi del gioco d'azzardo è una delle chiavi maestre per comprendere le derive di questa vita offesa, senza minima moralia. Il tema va affrontato in modo interdisciplinare – termine, interdisciplinare, che indica una vecchia pratica di riflessione desueta. Da qualche tempo la disciplina si è sostituita al confronto. La disciplina di curare i giocatori d'azzardo patologici, di guarirli con tecniche behavioriste, sposta la sintomatologia verso altre patologie, oppure produce miglioramenti temporanei seguiti da ricadute maggiori, è del tutto funzionale all'industria del gioco d'azzardo, si tratta di sportelli rotanti, dentro-fuori. Si possono inventare nuovi farmaci per la cura del gioco d’azzardo, le compagnie farmaceutiche investirebbero nell’acquisto di sale da gioco.

Che il gioco d’azzardo stia diventando un fenomeno devastante lo testimoniano numerose iniziative: Venerdì 26 settembre mattina, in Piazza San Fedele, a Milano, ad Aggiornamenti Sociali, si è svolto un convegno sul gioco d'azzardo. Sono intervenuti Marco Dotti, Paolo Foglizzo, Luca Sossella (l’editore che sta pubblicando Natasha Schüll Addiction by Deisgn. Machine Gambling in Las Vegas) e tanti altri studiosi e critici. Il colloquio si è sviluppato intorno a diversi temi, dall’analisi critica dei dati pubblici, con Marcello Esposito, alle devastanti implicazioni finanziarie, con Luigino Bruni, fino al degrado culturale implicato dalla diffusione di macchine slot nei bar, nelle tabaccherie, dalla diffusione di sale gioco, dalla comicità delle norme sulla distanza dai punti sensibili, fino a quanto scritto sopra intorno all’idea che non esista gioco d’azzardo patologico, ma solo giocatori patologici. È stato pure annunciato che l'Università di Bergamo aprirà, l'anno prossimo, un corso sulle patologie del gioco d'azzardo e non un corso per guarire i giocatori d'azzardo patologici, per chi vuole approfondire l’argomento. Per queste attività accademiche non si guadagnano punti sulle riviste indicizzate, altra forma del gioco d’azzardo legalizzato.

lunedì 20 ottobre 2014

L'unicorno


Un mattino, un uomo annuncia a sua moglie che c'è un unicorno in giardino. Lei risponde: Sei un allocco,
e ti farò mettere in una gabbia per allocchi. I1 marito, al quale non erano mai
piaciute le parole 'allocco' e 'gabbia per allocchi,' dice: 'Vedremo.' La moglie manda
a chiamare la polizia e lo psichiatra. Costoro arrivano. Lei racconta loro la sua storia.
'Ha detto a sua moglie di aver visto un unicorno?' chiedono al marito. Naturalmente
non l'ho visto,' rispose il marito. 'L'unicorno è un animale mitico.' 'E tutto ciò che volevo
sapere' disse lo psichiatra ... Cosi la portarono via la moglie, che dava in urIa
e maledizioni, e la rinchiusero in un istituto. I1 marito da allora visse per sempre felice.

James Thurber "A unicorn in the garden"


Veronika

mercoledì 15 ottobre 2014

LE CASE FARMACEUTICHE SONO I CATTIVI.

(Articolo tratto dalla rivista Nihilismi curata e redatta da Valeria Disagio, cantante del Kalashnikov Collective ; da sempre i Kalashnikov si sono mostrati attivamente vicini alle tematiche antipsichiatriche con intenti di carattere controinformativo. Non a caso sul loro blog è presente un link tematiche che tratta tale tema con materiale scaricabile, recensioni, articoli, recensioni etc. Siamo ben felici di pubblicare contributi come questo e speriamo di riceverne ancora in futuro.
Per un approfondimento della rivista vi invitiamo a scaricarla da questo link: http://www.mediafire.com/view/48iknnxm2lvozu6/Nihilismi.n.1.pdf)

LE CASE FARMACEUTICHE SONO I CATTIVI (a cura di Pilade Fioravanti)
Indifendibili, è arcinoto, da svariati decenni incarnano alla perfezione tutti gli elementi negativi associati alle corporation. Come entità singole o come cartello (la famigerata Big Pharma), nel generale come nel particolare.
Peggio anche delle lobby di tabacco, armi e tonno in scatola, dato che il meccanismo del profitto è leggermente più astruso e, sulla carta, infinitamente più truce (anche se un filo più articolato dell’assioma canonico +malati+soldi).
Dalla creazione della gnugna alle varie porcate in Africa, materiale ce n’è.
Materiale che non troverete certo qui, è ovvio: la sede e gli spazi non sono adatti per uno storico dettagliato delle zozzerie compiute dalle case farmaceutiche, oltretutto non ho proprio voglia di imbarcarmi in una ricerca così titanica e il cecchino corporativo appostato sul tetto di fronte mi fa cenno di no quindi no, mi dispiace.
Poi si dovrebbero scremare le cazzate, e il mare magnum delle dietrologie e dei complottismi nel quale è inevitabile incappare in questa stronza contingenza storica è un forte deterrente.
Al limite c’è wikipedia (con Hrundi Bakshi che ringrazia in alto, namaste fratello), o un film non brutto come ‘The constant gardener’ (che vale più per le suggestioni, in realtà, ma quando è uscito molti papaveri di Big Pharma si erano già nascosti sotto il tavolo con uno scolapasta in testa, a titolo preventivo). No, qui si parla in modo parziale, impreciso e tendenzioso, senza alcuna competenza specifica. That’s the way I like it.
Superata la premessa metodologica, ecco il piatto forte – fortissimo cazzo, non sto più nella patta:
Un aspetto interessante e relativamente poco noto (ma non aspettatevi una verità inedita: con quello che avete pagato questo giornale ci mancherebbe pure) è quello del disease- mongering.
Che è poi, come dice la definizione, la commercializzazione delle malattie.
In soldoni: una casa farmaceutica ha lì un farmaco che vuole piazzare, per una patologia più o meno inesistente. Non proprio inesistente, dato che a monte c’è un’accurata osservazione di quelle che possono essere le ‘aree di interesse’, ovvero aspetti della salute ai quali le persone badano di più rispetto a prima: non esistono vere e proprie malattie ma si registra un incremento nel numero di disturbi, veri o presunti (presunti non nel senso che non fa male davvero, ma nel senso che forse non sono imputabili a quello), legati a quegli aspetti. C’è un margine, insomma. Per esempio – e la natura dell’esempio è piuttosto calzante – le varie magagne intestinali.
Siamo più nutriti, sedentari e piagnoni che prima: il cambiamento progressivo dello stile di vita ha fatto sì che i nostri pancini dessero più problemi. O forse no, ma siamo più ricchi e più mezzeseghe. L’inarrestabile tendenza a focalizzarci sul nostro ombelico ci porta spesso a riflettere su quello che c’è dietro (dietrologia+gastroenterologia =
robba forte), e dunque ci facciamo più caso rispetto a prima, quando toccava scendere in miniera all’alba per sfamare i nostri dodici figli e le nostri mogli quindicenni e di tempo per queste fregnacce proprio non ce n’era (e, per inciso, la gente non andava dal medico per un cagotto o per la mancata evacuazione, I suppose, ma forse sono un romantico passatista).
Allora la casa farmaceutica ti mette lì un nuovo prodotto, innovativo as fuck, e che cosa faccia questo mirabolante prodotto non è neanche così importante (mi avete preso per un foglietto illustrativo?): la questione è, a questo punto, inventarsi la patologia di riferimento. Ma non si può dire che la si sta inventando, la parola chiave è SENSIBILIZZARE (questa malattia c’è da una vita e miete più vittime dello scolo, come avete fatto a non accorgervene prima, babbi?).
Il procedimento è ben rodato. Si prendono un bel po’ di medici e li si invita ad un fondamentale convegno su un disturbo relativamente nuovo, la cui diffusione è in preoccupante crescita: la SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE (in inglese IBS, che nei paesi sassoni se non hai un acronimo ma dove cazzo vai).
 Ovviamente, quelli sono gente studiata, quindi il convegno deve presentare qualche autentico elemento di interesse, qualche effettiva evidenza scientifica. E quali posti migliori per osservare le evidenze scientifiche, per esempio, delle isole tropicali (lo sapeva anche Darwin) o gli atolli corallini? Location comunque di pregio, dove il gotha della medicina mondiale non abbia nulla che lo distolga da un’accurata disamina di questa nuova, insidiosa sindrome - a parte il windsurf, lo snorkeling, i buffet e i cocktail con l’ombrellino.
Non è che sia corruzione – jeez, solo un pezzente in malafede la definirebbe corruzione - è una questione di stile, modi. Non è che puoi fare il convegno in una pensione al Lido degli Scacchi, con il catering a base di salama da sugo, nemmeno quello sull’unghia incarnita, perché i luminari (i cosiddetti KOL – Key Opinion Leader, quelli che rappresentano la scena insomma) non ci vengono mica.
And that’s the point.
La comunità scientifica è stata ora ‘sensibilizzata’, il materiale emerso nel corso del convegno (durante il quale un buon numero di cocktail con gli ombrellini sono andati anche ai più puri rappresentanti dei media) è stato diffuso, non resta che inondare di soldi un po’ di altra gente, mettere in piedi uno studio clinico e aspettare che il farmaco compaia sui migliori banchi del regno (augurandosi che, nel corso dello studio, qualche stronzo cagone non abbia il cattivo gusto di schiattarci, o che almeno non lo facciano in troppi).
Quindi, ricapitolando:
Abbiamo il nostro farmaco, che non è per cagare troppo né troppo poco. Regolarizza il dolore addominale, forse (responsabile, nel solo 1994 e nei soli USA, di un numero di decessi superiore a quelli causati dai morsi di anatra), o roba così.
Abbiamo fatto il nostro bel congresso alle Barbados, in seguito al quale la comunità medica si è finalmente resa conto del flagello rappresentato dalla SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE, una patologia che ora esiste e affligge oceani di persone (dati proprio precisi è difficile trovarne, ma stai a guardare il capello).
Abbiamo messo in piedi, o foraggiato, associazioni di pazienti colpiti da IBS e forum su internet, inoltre numerosi giornalisti hanno, del tutto disinteressatamente, pubblicato una serie di articoli sulla faccenda. La comunità delle persone che, in tutto il globo, controllano a fatica lo sfintere e hanno spesso il mal di pancia ringrazia di cuore, con una festosa salva di peti (wink wink).
A questo punto non ci resta che salvare il mondo.
Per finire, un piccolo episodio, che all’epoca mi ha colpito (da allora bevo solo acqua distillata, mi lavo con acqua piovana e mangio solo fegato di agnello crudo. Ho anche messo la rete elettrificata fuori casa e pago un ninja per proteggermi, ma lo vedo poco):
C’è questo film dei Fratelli Coen, uno di quei passamano che i due simpaticoni cagano fuori a cadenza regolare. Anzi, è proprio un inutile e piuttosto scadente remake di un film più bello con attori più meglio, quasi mi dispiace parlarne e il titolo non ve lo dico, non ci arriverete mai.
Le differenze con l’originale sono parecchie ma abbastanza irrilevanti, e vanno tutte a discapito del remake. Tra queste, i personaggi e le loro caratteristiche.

Uno di loro – J.K.Simpson, sempre ottimo, il buonismo mi impone di segnalarlo – dà vita a una serie di travolgenti gag incentrate sul suo disturbo. Ne parla proprio un sacco, ne discute con gli altri affermando che si tratta di una malattia vera e che ha conosciuto la sua attuale compagna tramite un’associazione di pazienti affetti da quel disturbo, di cui soffre un’infinità di gente. È proprio una cosa che ti ricordi, alla fine del film, e non si capisce poi bene perché, dato che l’effetto comico è minimo e penosamente datato.
Beh, io lo so che non ci crederete mai ma proprio mai, quindi non ve lo dico neanche.
Un brutto mondo questo, comunque.
Pilade Fioravanti