domenica 27 aprile 2014

Psichiatria: una pseudoscienza

L'analisi di Alberto Brugnettini (fisico)


Psicologia (studio dell'anima) e psichiatria (medicina dell'anima) si occupano di una cosa che, per definizione, non può essere misurata né divenire oggetto di osservazione scientifica secondo lo standard galileiano. Queste discipline, dunque, dovrebbero afferire al settore della conoscenza umanistica, non scientifica: l'infondata pretesa di scientificità è spesso causa di abusi e violazioni dei diritti umani.
Il potere psichiatrico nelle aule di tribunale, il potere di decidere sulla capacità d'intendere o volere, o stabilire quale genitore debba avere la custodia dei figli in un caso di divorzio, si basa sul presupposto che la psichiatria sia una scienza, in grado di produrre perizie oggettive quanto quelle ingegneristiche o mediche. Queste perizie, invece, sono completamente arbitrarie e soggettive. E' sufficiente assistere a un processo per rendersi conto di come le diagnosi presentate dall'accusa e dalla difesa sullo stesso imputato siano sempre diametralmente opposte (non semplicemente "divergenti") – un divario che, per frequenza ed entità, non ha eguali nelle discipline mediche e scientifiche.
In maniera simile, il potere di ordinare un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presuppone l'esistenza di un metro di giudizio oggettivo per stabilire chi sia bisognoso di cure urgenti ma troppo insano per rendersene conto. Attenzione, si accetta che - per esempio - un epatologo possa conoscere lo stato del tuo fegato meglio di te. Egli, però, può produrre prove oggettive a riguardo, mentre lo psichiatra può produrre solamente la sua opinione – tipicamente contraria a quella della persona soggetta alla cosiddetta cura. Inoltre, nonostante l'oggettività delle sue diagnosi, l'epatologo non esegue trattamenti coatti.
L'idea di obbligare una persona alle cure psichiatriche, come nel TSO o negli OPG (ospedale psichiatrico giudiziario), è di per sé assurda. Se le cosiddette malattie mentali consistono - per definizione - in pensieri o comportamenti, il risultato di queste presunte cure dovrebbe essere un cambiamento di pensiero o comportamento. Non si vede però come una persona possa arrivare a modificare il proprio punto di vista, o il proprio comportamento, se le cure che dovrebbero causare questi cambiamenti non sono scelte da lui ma gli sono imposte con la forza. Gli psichiatri, come colti da delirio di onnipotenza, si ritengono depositari di una conoscenza esoterica con cui leggere i pensieri altrui e modificarli a piacere.
Questo modo di agire rivela la natura essenzialmente politica della psichiatria, organo di controllo sociale simile alla polizia (e niente affatto alla medicina) che trova le sue origini nell'inquisizione. Come moderni Torquemada, gli psichiatri usano la forza per obbligare il malcapitato a confessare e ammettere la sua malattia: condizione necessaria per essere dichiarano "guarito". Il loro manuale, al pari del Malleus Maleficarum, lo insegna: come una strega, se il paziente nega la malattia, questa negazione è essa stessa prova di malattia – un comma 22 senza scampo. Persino l'uso dell'eufemismo per mascherare la violenza è identico, e l'auto da fé diventa trattamento sanitario.
A riprova della natura essenzialmente politica della psichiatria, si veda il modo bizzarro con cui vengono scoperti (o cancellati) i cosiddetti disturbi mentali. Per esempio, nell'ultima edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico – il testo sacro della psichiatria) la pedofilia era stata definita come un "orientamento sessuale". La cosa causò innumerevoli reazioni indignate, e l'APA (American Psychiatric Association) fece marcia indietro. Sorte opposta era toccata all'omosessualità, considerata malattia fino agli anni settanta e poi depennata dal DSM per motivi di correttezza politica. Non intendo qui entrare nel merito, e stabilire se pedofilia o omosessualità debbano essere considerate malattie o meno: in ogni caso il concetto di malattia mentale è talmente vago e opinabile da consentire qualsiasi interpretazione. Critico, invece, il metodo antiscientifico: l'alzata di mano su opinioni dettate da motivi di opportunità. Come se un congresso di epatologi, sull'onda di un'ipotetica accettazione sociale dell'abuso di alcol, si trovasse a stabilire con voto a maggioranza, e senz'altra osservazione scientifica, che l'epatite non è più una malattia.
Da un po' di tempo sul web spopolano gli allert riguardo la pericolosità degli psicofarmaci (sacrosanti, basta leggere i bugiardini per rendersene conto) ma il problema, come si diceva una volta, è a monte: lo psicofarmaco senza effetti collaterali non potrà mai esistere perché la stessa pillola è l'effetto collaterale.
Infatti, come l'uso del concetto di malattia mentale per definire un comportamento lede i principi di libertà e responsabilità (chi ruba non è più un ladro ma un cleptomane, chi incendia non è un incendiario ma un piromane, ecc.), l'idea stessa di curarla con una pillola mina i concetti di libero arbitrio e agenzia morale. La persona non è più un agente morale dotato di libero arbitrio, ma un robot governato da leggi chimiche. Si arriva addirittura a prescrivere stimolanti anfetaminici ai bambini cosiddetti iperattivi. Ma attenzione: a prescindere dalla pericolosità di queste pillole, riconosciuta da innumerevoli pubblicazioni scientifiche, stiamo crescendo una futura generazione avvezza a utilizzare pillole per risolvere i problemi del vivere. A questo proposito si veda la sfacciataggine con cui ancor oggi viene invocato lo squilibrio chimico nel cervello come causa dei disturbi mentali: questo modello non è mai stato dimostrato scientificamente, e oggi gli stessi neuroscienziati ammettono che si è trattato di un abbaglio, ma si continua a usarlo a scopo propagandistico per vendere psicofarmaci.
Intendiamoci: alcune persone sono soggette a sofferenza emotiva, hanno seri problemi a rapportarsi con gli altri e necessitano di aiuto. Ma la professione di chi fornisce questo tipo d'aiuto dovrebbe essere inquadrata nell'alveo delle conoscenze umanistiche - non scientifiche. E, soprattutto, i loro rimedi non dovrebbero mai essere somministrati in maniera coatta, ma solo su base volontaria. Esistono persone - psicoanalisti, maestri yoga o di meditazione, preti, comportamentalisti ecc. - che aiutano la gente nei momenti difficili, senza però atteggiarsi a medici o violare con la forza i diritti fondamentali della persona.
 Alberto Brugnettini – fisico fonte www.ccdu.org

giovedì 24 aprile 2014

OPG - Le vergogne nascoste

Servizio di Rai 3. Da vedere per le immagini e le testimonianze dei reclusi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.

mercoledì 23 aprile 2014

Psichiatra Virtuale!

Dedicato a tutti coloro che conoscono un pò di inglese e hanno veramente tempo da perdere...

http://www.flasharcade.com/arcade-games/virtual-psychiatrist-game.html

P.S. La simulazione è così reale che alla quinta domanda volevo sopprimerlo!

Veronika

lunedì 21 aprile 2014

Da 23 anni rinchiuso all’Opg di Aversa

LATINA – 10 Aprileopg di Aversa
Da 23 anni è rinchiuso nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, è di Latina, ed è finito lì per offesa e resistenza a pubblico ufficiale. Quella dell’uomo pontino è la storia più drammatica raccontata dell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa in provincia di Caserta la cui chiusura, fissata per il 1 aprile 2014 è stata nuovamente prorogata di un anno. Nella struttura sono presenti 147 internati, sofferenti psichici autori di reato, condannati ad una misura di sicurezza detentiva prorogabile senza limiti. «Abbiamo incontrato storie drammatiche e incredibili – racconta Amato – come quella di Giuseppe (nome di fantasia),in Opg dal 1991. Originario di Latina, ha scontato 23 anni di internamento per offese e resistenza a pubblico ufficiale. Per gli psichiatri dell’Ospedale Giudiziario di Aversa potrebbe uscire ed essere curato dalla sanità territoriale, per il Centro di salute mentale laziale di appartenenza, invece, persiste la pericolosità sociale. Eppure non sono mai venuti a visitarlo la diagnosi è avvenuta per corrispondenza, come il rifiuto alla presa in carico».
Dalla visita ispettiva è emerso che vi sono altre sei persone internate in Opg da oltre 20 anni. Il primato spetta ad Antonio, di Avellino, internato da
27 anni. Amato segnala anche le gravi carenze organizzative e strutturali («c’è un solo psichiatra disponibile dalle 8,00 alle 20,00 e solo nei giorni feriali»). «Altro che proroga di un anno – conclude Amato che preannuncia una interrogazione urgente – senza la riforma del nodo delle misure di sicurezza, questi luoghi, magari con un altro nome, non svuoteranno mai. Utilizziamo questo tempo perchè non ci siano più alibi all’orrore degli opg, perchè finalmente si investa su progetti di cura costruiti sulla singola persona, si superi il persistente stigma sulle persone affette da patologia psichiatrica, non si agisca solo per sostituire il nome delle scatole contenitive».

fonte: http://www.ilmessaggero.it/latina/latina_da_23_anni_rinchiuso_all39opg_di_aversa_per_resistenza_a_pubblico_ufficiale_la_denuncia_di_amato/notizie/625220.shtml

martedì 15 aprile 2014

ANTONIN ARTAUD


antonin_artaud

citazione da:
“LETTERA AI DIRETTORI DEI MANICOMI


"La repressione delle reazioni antisociali è per principio tanto chimerica quanto inaccettabile.
Tutti gli atti individuali sono antisociali.
I pazzi sono le vittime individuali per eccellenza della dittatura sociale; in nome di questa individualità, che è propria dell’uomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri forzati della sensibilità, perché èpur vero che non è nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono …"


Biografia
Antoine Marie Joseph Artaud nacque da una famiglia borghese. Suo padre, Antoine Roi, era capitano di lungo corso e sua madre, Euphrasie Nalpas, era originaria di Izmir (Turchia). I suoi ricordi d'infanzia rievocano un clima di affetto e calore, turbato però dal manifestarsi di una grave malattia. All'età di quattro anni, infatti, Antonin fu colpito da una grave forma di meningite, alla quale furono attribuiti tutti i problemi neurologici di cui Artaud soffrì in seguito, in particolare crisi di nevralgia, balbuzie ed episodi di *[1]depressione grave.

mercoledì 2 aprile 2014

Ma i matti sono violenti?

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di Anita Eusebi –  Conversando con Peppe Dell’Acqua.


La Società Italiana di Psichiatria (SIP) ha di recente istituito la I Giornata Nazionale sulla Salute e Sicurezza degli operatori in psichiatria, prevista per il 24 ottobre 2014, a Bari. Il motivo appare chiaro fin dalle prime parole con cui si apre la lettera d’invito del presidente Claudio Mencacci. Una lettera breve, in cui le parole violenza e aggressione compaiono ben sei volte nello spazio di poche righe. Ma di quale violenza si parla? Una lettera in cui è protagonista il camice bianco di medici e operatori con il tesserino e la qualifica in bella vista, e dei pazienti non vi è traccia. E naturalmente a sostegno delle motivazioni viene chiamata la scienza, con i suoi studi internazionali e le recenti indagini. E come si cerca di dare una risposta alla violenza? Compilando un questionario.

Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri”, diceva Don Andrea Gallo. Parole così belle e ricche di significato che sono rimaste nel cuore. Mostrarsi disarmati e accoglienti, ecco quanto dovrebbe accadere di fronte a una persona sofferente, di fronte a uno che sta pensando che la sua vita è finita. In una parola, accogliere. Non si può fare altro che questo.
“E invece questi psichiatri, in maniera tristemente smemorata, ripescano le immagini peggiori della psichiatria stessa, e dimenticano la violenza che loro stessi esercitano su coloro che vivono l’esperienza del disagio mentale, l’abbandono in cui vivono queste persone, lo sguardo freddo con cui le guardano, le modalità di relazioni che si esprimono in un rapporto che continua a essere un rapporto di forza”, commenta Peppe Dell’Acqua. E tornano in mente le parole conclusive della lettera di Antonin Artaud ai direttori dei manicomi: “Possiate ricordarvene domattina, all’ora in cui visitate, quando tenterete, senza conoscerne il lessico, di discorrere con questi uomini sui quali, dovete riconoscerlo, non avete altro vantaggio che quello della forza.”
“Perché di rapporto di forza infatti si tratta – prosegue Dell’Acqua –, un tirarsi indietro, che non è fare un passo indietro per ascoltare l’altro, ma piuttosto tirarsi fuori per non assumersi nessuna responsabilità. Perché il confronto è responsabilità, garantire la sicurezza dell’altro significa comprenderlo, farlo tuo nella sua insicurezza”. Ecco, tutto questo, nella lettera, nelle ricerche scientifiche, nel questionario, non c’è. Si parte da un dato di fatto, quello dei gravissimi episodi di violenza e di aggressione, e da qui giustificano la necessità di servizi psichiatrici di diagnosi e cura chiusi, barricati, con le telecamere, i metal-detector e le porte di ferro. Così, uno che sta male, per entrare in uno di questi posti, deve superare una porta di ferro, la guardia giurata, farsi vedere da una telecamera, poi superare un’altra porta, ecc. E una volta dentro? Accade in genere non c’è nessuno che lo ascolti, se non leggere quello che altri hanno scritto di lui, e nove volte su dieci gli capita, per prima cosa, che lo mettano a letto e lo contengano, chimicamente e non solo. Ecco cos’è la violenza.
“Quelli che noi chiamiamo atti di violenza e aggressività da parte dei malati non sono che l’espressione di un bisogno estremo di essere accolti e ascoltati, di un dolore profondissimo che genera una paura inavvicinabile e una sofferenza enorme”, afferma Dell’Acqua. “E quando questa paura si esprime in atti – continua Dell’Acqua – è sempre in conseguenza di una mancata risposta o di risposte violente che vengono messe in campo.”
E il momento di maggiore violenza è quando si cerca di costringere una persona alla cura, all’assunzione dei farmaci e, in conseguenza al rifiuto, alla contenzione. O ancora, quando gli si impedisce di muoversi e di agire, anche se limitatamente alla sua libertà personale, invece di negoziare, e rinegoziare, con lui la relazione. “Accoglienza, negoziazione, ascolto. Ecco, ci sarebbe piaciuto se la SIP avesse fatto un questionario per sensibilizzare operatori, infermieri e psichiatri su come ascoltano, su come accolgono, su come ricostruiscono il percorso individuale di ciascun paziente e il loro drammatico arrivo in quel luogo”, insiste Dell’Acqua. E invece il questionario è incentrato sulla pericolosità, sui sistemi di sicurezza, sulle vie di fuga, sui campanelli di allarme, su come difendersi dalle aggressioni. Perché è scontato che il malato di mente è violento e pericoloso per definizione, che col malato di mente non puoi parlare, non puoi ragionare, che tanto lui non può capire…

martedì 1 aprile 2014

PIU' DI UN BOOMERANG NON TORNA SCEGLIE LA LIBERTA

http://artaudpisa.noblogs.org/files/2014/03/roma-Pagina001.jpg 
1- ELETTROSHOCK
LA STORIA DELLE TERAPIE ELETTROCONVULSIVE E I RACCONTI DI CHI LE HA VISSUTE

Questo libro scritto dal Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud propone un viaggio nella storia delle shock terapie, che precedono e accompagnano l’applicazione della corrente elettrica al cervello degli esseri umani, per provocare uno shock, ritenuto appunto “terapeutico”.

Documentiamo come l’elettroshock non sia un metodo desueto, ma come esso continui ad essere utilizzato anche in Italia, dove lo si pratica in più di novanta strutture pubbliche e private.Per sfatare il mito che le shock terapie, comprese quelle elettroconvulsive, siano barbarie di altri tempi, proponiamo le testimonianze di persone in carne ed ossa, vive e vegete, che sono state sottoposte all’elettroshock.

Questo lavoro vuole essere uno strumento per ampliare la riflessione e il confronto sul delicato tema dei metodi terapeutici ai quali le persone, soprattutto quelle vittime di etichette psichiatriche, vengono costrette, il più delle volte senza esserne nemmeno informate.


"ELETTROSHOCK. La storia delle terapie elettroconvulsive
e i racconti di chi le ha vissute."
a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Edizioni Sensibili Alle Foglie.

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org

 2- Informazioni sulla campagna contro le morti sospette per effetto
di contenzione fisica nei reparti psichiatrici di Niguarda e indizione del
Presidio davanti all'Ospedale Niguarda nella giornata di sabato 12 Aprile
ore 15:30 contro il tentativo di archiviazione da parte della magistratura.
a cura del Collettivo Rapa Viola di Milano.

3- Mostra fotografica, video e materiali di controinformazione e di archivio
del Telefono Viola di Milano