giovedì 31 ottobre 2013

Il pensiero di Basaglia

Quando avete 3 minuti di tempo, andate su youtube e cercate "Riflessioni - Franco Basaglia". Vi metterei il link, ma oggi non riesco a far funzionare questo maledetto blog come vorrei! Ma è necessario richiamare ancora una volta il pensiero di Franco Basaglia? Si. Chi frequenta suo malgrado gli "esperti" della salute mentale spesso inorridisce di fornte alle baggianate che cercano di propinarci come realtà. L'ultima che ho sentito, personalmente, voleva il pensiero di Basaglia come "apertura dei manicomi verso la società, ma mantenendo alcuni necessari accorgimenti costrittivi per i casi più gravi". Lo pseudo-luminare che ha proferito queste parole ha poi chiuso con: "...e in fondo due laccetti per legare chi non sta bene, se usati nel giusto modo, possono solo aiutare il paziente". Uno degli atti peggiori che possano essere compiuti verso la memoria di Franco Basaglia è travisare il suo pensiero, manipolandolo a proprio piacimento. Ovvero proprio ciò contro cui combatteva: l'abuso di potere in tutte le sue forme. Perciò è necessario riascoltare Basaglia, per non dimenticare che il suo obiettivo era la chiusura dei manicomi e la reale presa in carico dei bisognosi da parte della società civile. Tutto il resto sono cazzate. Veronika

venerdì 25 ottobre 2013

Antonucci, Legge Basaglia

Una scoperta che cambierà il destino dell'umanità!

Ovviamente il titolo è ironico.
I "ricercatori" dell'università di Pisa, grazie ad una sofisticata e dispendiosa procedura hanno "sostituito su cavie di laboratorio la sequenza del gene responsabile della sintesi di serotonina con una proteina verde fluorescente o Green Fluorescent Protein (GFP) in modo da riuscire a vedere i neuroni con grande precisione attraverso speciali tecniche di microscopia".
Come leggerete questi fenomeni della ricerca hanno scoperto che "alterazioni dei normali livelli di serotonina durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale agiscono sulla formazione delle corrette connessioni (o circuiteria) nel cervello causando alterazioni permanenti che potrebbero predisporre a patologie neuropsichiatriche dello sviluppo". Tradotto nel linguaggio del volgo significa: se altero i livelli di serotonina nello sviluppo, potrebbero esserci dei problemi (il condizionale è d'obbligo).
A parte l'aver scoperto l'acqua calda, l'aver giocato ad essere dio e aver speso soldi pubblici, ma tutto questo non si poteva ipotizzare senza seviziare degli animali?
Spero di sbagliarmi e che questa ricerca porti a risultati strabilianti, ma ho i miei dubbi...
Ecco l'articolo del corriere.it

LO STUDIO pisano

Fotografato per la prima volta un cervello
(di cavie da laboratorio) senza serotonina

Le alterazioni dei livelli di serotonina agiscono sulle connessioni e potrebbero causare malattie psichiatriche

 

Un team di ricercatori dell’Università di Pisa ha “fotografato” per la prima volta come si sviluppa il cervello se manca la serotonina, la cosiddetta «molecola della felicità» così chiamata perché fra le più coinvolte nel controllo dell’umore e delle emozioni. La ricerca sarà pubblicata a ottobre sulla rivista scientifica americana Molecular Psychiatry. Per raggiungere l’obiettivo i ricercatori pisani hanno utilizzato sofisticate tecnologie di genetica molecolare e hanno sostituito su cavie di laboratorio la sequenza del gene responsabile della sintesi di serotonina con una proteina verde fluorescente o Green Fluorescent Protein (GFP) in modo da riuscire a vedere i neuroni con grande precisione attraverso speciali tecniche di microscopia.
LE CONSEGUENZE - «Per la prima volta grazie alla nostra metodologia abbiamo osservato una drastica alterazione dello sviluppo della ramificazione delle fibre dei neuroni serotoninergici. Normalmente il cervello contiene un numero molto piccolo di neuroni capaci di sintetizzare la serotonina e solo grazie alla presenza di fibre nervose altamente ramificate è possibile trasportare e distribuire questo neurotrasmettitore in tutte le aree dell’encefalo», ha spiegato il professor Massimo Pasqualetti del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano che ha coordinato un team di ricerca tutto al femminile e composto da Sara Migliarini, Barbara Pelosi e Giulia Pacini. «La nostra scoperta – ha aggiunto Massimo Pasqualetti - dimostra dunque che alterazioni dei normali livelli di serotonina durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale agiscono sulla formazione delle corrette connessioni (o circuiteria) nel cervello causando alterazioni permanenti che potrebbero predisporre a patologie neuropsichiatriche dello sviluppo, le quali, a loro volta, possono essere all’origine, anche nell’uomo, dell’insorgenza di più gravi disturbi neuropsichiatrici come schizofrenia e autismo».

Veronika

martedì 22 ottobre 2013

mercoledì 16 ottobre 2013

Lavoro e schizofrenia



Riporto l'articolo integrale apparso sul sito corriere.it e alcune considerazioni personali.


Lavori sempre più difficili,
off limits per chi soffre di schizofrenia

Meno richiesti lavori di tipo fisico. Prevalgono lavori che richiedono concentrazione e flessibilità , faticose per chi soffre di disturbi psichici

 

Se l’accesso al mondo del lavoro è difficile, di sicuro lo è ancora di più per chi ha dei problemi di tipo psicologico o psichiatrico, che spesso ha poi anche difficoltà a tenersi il lavoro una volta che lo ha trovato. «In conseguenza del rapido sviluppo economico la percentuale dei lavori relativamente semplici è diminuita» dice il professor Aart Schene del Dipartimento di psichiatria dell’Università di Amsterdam. «Così che, ad esempio, nel 1955 circa il 40 per cento delle persone affette da schizofrenia era in grado di partecipare al mercato del lavoro, in confronto al solo otto per cento del 2001». Il professor Schene ha dedicato al difficile tema del lavoro per le persone con problemi psichici il suo intervento alla Conferenza internazionale “Improving the global architecture of mental health care” recentemente tenutasi a Verona, in occasione del pensionamento del professor Michele Tansella, psichiatra e preside della Facoltà di Medicina.

LAVORO IMPORTANTE - Chi ha problemi di tipo psicologico aspira a essere un cittadino come tutti gli altri, e per questo il lavoro rappresenta certamente un obiettivo fondamentale. «Il lavoro ci aiuta a definire quello che siamo» dice ancora il professor Schene, «sia in relazione alle altre persone sia per quanto riguarda quelli che sono il fine e la direzione della nostra vita. Ci dà l’opportunità di sviluppare e tenere allenate nuove abilità e di raggiungere degli obiettivi. Ci dà inoltre una precisa posizione nella società. Definisce chi siamo, quanto siamo capaci, e anche quando siamo indipendenti e solidi da un punto di vista economico. Al contrario, non avere un lavoro o perderlo, o anche solo sentirsi minacciati di poterlo perdere, può avere un grande impatto sull’identità lavorativa e di conseguenza sulla salute mentale».

AUTOSTIMA RIDOTTA - Il lavoro rappresenta un’attività sociale, che mette le persone a contatto le une con le altre, le fa incontrare, crea relazioni e nuove possibilità di conoscenza. Chi entra in un nuovo ambiente di lavoro deve non solo imparare le abilità tecniche che gli sono richieste, ma anche riuscire a entrare in contatto con le persone con le quali passerà da quel momento in avanti molte ore della sua vita. Delle 168 ore che compongono una settimana, circa un terzo sono impiegate per il riposo notturno e delle restanti 120 ore circa un terzo è passato a contatto con i colleghi. Per alcune persone l’orario di lavoro sfocia anche in quelle che dovrebbero essere i momenti di riposo, diventando l’attività più importante della loro vita.«E’ anche per questo che la perdita del lavoro è correlata a sentimenti di colpevolezza e ridotta autostima, a un ruolo sociale disturbato e a uno status sociale diminuito» dice il professor Schene nel capitolo dedicato a questo argomento, intitolato Improving Mental health Care: The Global Challenge (Wiley, 2013) pubblicato in occasione della conferenza e dedicato al professor Tansella. In pochi decenni i lavori disponibili sono stati trasformati dai mutamenti sociali. Oggi prevalgono le attività di servizio, mentre c’è un declino di agricoltura e industria.

LAVORI DI ATTENZIONE - Ma in questi nuovi settori sono sempre meno richiesti lavori di tipo fisico, e prevalgono lavori che richiedono attenzione, concentrazione, flessibilità e proattività, tutte abilità che possono risultare faticose per chi ha un problema psichico. Una difficoltà ulteriore deriva dal fatto che è sempre più raro un lavoro davvero indipendente. La maggioranza degli impieghi oggi prevede condizioni di dipendenza, necessità di interrelazione, e anche questo aspetto contribuisce a rendere le cose difficili per che ha un disturbo di tipo psicotico, ma anche per chi è semplicemente depresso. «I lavoratori che soffrono di depressione hanno un aumentato rischio di assentarsi dal lavoro per malattia» spiega Schene. «E chiedono più sussidi di disabilità rispetto ai loro colleghi. L’impatto della depressione è anche più elevato di condizioni mediche debilitanti come l’artrite reumatoide e la malattia coronarica». Ne conseguono costi per l’intera società. Nel 2000, negli Stati Uniti i due terzi dei costi sociali totali della depressione erano correlabili al lavoro perduto. Oltre 51 miliardi di dollari su un costo totale di circa 83 miliardi. E ci sono ulteriori costi nascosti, dovuti alla perdita di produttività che si manifesta anche quando si è presenti sul posto di lavoro. «Questi costi sono valutabili da tre a cinque volte più alti dei costi combinati per assenteismo e per i trattamenti medici» conclude Schene.

Danilo Di Diodoro

Non discuto sull'importanza del lavoro per quella che può essere definita autoefficacia, più che autostima, di chi fa parte di questa società. L'articolo però pone nuovamente il problema della schizofrenia da un punto di vista economico: si passa velocemente dalle premesse sull'importanza del sentirsi attivi in questa società, al "costo annuo" di depressi e schizofrenici.
Subdolamente si vuole portare altra acqua al mulino delle case farmaceutiche.
E' vero, nessuno nomina i farmaci all'interno dell'articolo. Ma è altrettanto vero che non ci si chiede neppure come la società possa prendersi carico di chi non riesce più a lavorare, interrogandosi invece (indirettamente) su come poter risparmiare queste perdite in denaro. Le grandi cifre, i miliardi di dollari, vengono sempre utilizzate per far colpo sul lettore-contribuente, che ci tiene a risparmiare i suoi soldini.
E qui arriviamo alla questione farmaci. Indipendentemente da schizofrenia, depressione o qualsiasi altra diagnosi di disagio o malattia psichica, le terapie di tipo psicologico sono sempre lunghe e costose perchè si fanno carico della persona. Entrare in relazione con qualcuno e accompagnarlo in un cammino di questo tipo consuma enormi risorse di tempo e denaro. Dall'altra parte abbiamo il farmaco: veloce, non instaura nessuna relazione e non pretende di cambiare il tuo modo di vedere le cose. Semplicemente toglie i sintomi (dandotene altri) e ti fa tornare subito al lavoro. Con buona pace dell'intera società che non ti deve più mantenere.

Veronika

domenica 13 ottobre 2013

TSO a Lauryn Hill, perchè "complottista"!

 
Lauryn HillLauryn Hill, la cantante, vincitrice del prestigioso Grammy award si è vista ordinare da un giudice una "consulenza psicologica a causa delle sue teorie cospirazioniste". Qual è la sua teoria del complotto? Che l'industria musicale opprime i veri artisti per pompare sciocchezze insensate.
Lo scorso 7 maggio, la Hill è stata condannata a 3 mesi di carcere e 3 di domiciliari, per non aver pagato alcune tasse a seguito del suo ritiro dalle scene dovuto a minacce alla sua famiglia.
Nel giugno dello scorso anno, la Hill ha pubblicato una diatriba su Tumblr lamentandosi di come l'industria musicale è "manipolata e controllata da un complesso industriale militare protetto dai media."
Come abbiamo evidenziato numerose volte in passato, altri artisti hanno reso chiaro che tutti coloro che non sono conformi alle richieste rigorose dell'industria musicale, o addirittura, come Nicole Scherzinger ha recentemente osservato, non sono pronti a "vendere la propria anima a Satana", tendono a trovare il successo difficile da mantenere in un settore che punisce gli individui che hanno il coraggio di dire la loro.
In numerosi spettacoli e interventi negli ultimi anni, la Hill ha tentato di avvertire i giovani di come "il cannibalismo della cultura pop" ed il riduzionismo deliberato dell'arte e della musica, danneggino intere generazioni per trasformarli in consumatori passivi, spensierati – e di come l'ispirazione e la creatività vera vengano distrutte in nome del profitto.
L'ordinanza del giudice che la Hill subisca ciò che equivale ad un lavaggio del cervello e alla rieducazione, è semplicemente parte della crescente tendenza ad etichettare il buonsenso come una malattia mentale, se va contro l'establishment.

giovedì 10 ottobre 2013

Vivi in un'era di caos psichico

Su gentile segnalazione di un carissimo amico del Camap, vi propongo un articolo molto interessante sull'inarrestabile deriva della società giapponese.

http://www.doppiozero.com/materiali/cartoline/giappone-lumanita-cellofanata

"Hikikomori"
Questo è il nome assegnato dai giapponesi ai loro giovani che, ad un certo punto della loro vita, decidono di chiudersi nella loro stanza e non dialogare più col mondo. Non escono mai, i loro genitori lasciano il cibo fuori dalla porta e se ne vanno, visto che i loro figli non vogliono il minimo contatto fisico o visivo con qualunque essere vivente. Ma cosa succede nelle loro camere? Sono in costante connessione col "mondo" tramite facebook, twitter, chat, giochi di ruolo on-line. Il paradosso: non sopportano la miseria della loro vita reale, ma si creano una complessa e vuota vita (?) virtuale. Anche in  questo fenomeno possiamo cercare spiegazioni più o meno razionali e abbandonarci alla sicurezza di una qualche disciplina scientifica. Molto probabilmente un sociologo parlerebbe del ruolo della tecnologia; uno psicologo analitico punterebbe l'attenzione sul rifiuto del Super-Io rappresentato da mamma e papà; uno psichiatra prescriverebbe il solito citalopram o qualche altro antidepressivo. La realtà è ben più complessa, non semplificabile da un'unica visione del fenomeno.
Siamo sempre più schiavi di una tecnologia connessa al solo profitto economico, che non desidera cittadini, ma consumatori. L'interesse per l'altro è ormai mediato da uno schermo e stringere la mano ad un amico, sorridergli, bere una birra insieme diventano sempre più velocemente tradizioni del passato. I nostri nonni si incontravano nella stalla per raccontarsi delle storie; i nostri padri avevano le riunioni dei sindacati, dei partiti, delle associazioni; noi ci trovavamo negli oratori e nei centri sociali. I nostri figli si scambieranno "mi piace" su facebook.
Cosa unisce l'articolo di Doppio Zero al fenomeno degli Hikikomori e ad un certo utilizzo della tecnologia sempre più predominante? A mio avviso il fatto che la razza umana non può prescindere dal contatto con l'altro, dalla convivialità, da una certa lentezza del vivere che porta alla riflessione, dalla noia di trovarsi con gli altri e non sapere come ammazzare il tempo. Soprattutto nei bambini, ormai diventati dei "piccoli manager" impegnati in ogni sorta di corso e attività extra, per non intaccare gli impegni di mamma e papà.
Non è la tecnologia in sè il "Male", ma un certo tipo di fruizione e di fruitore impreparato. Ed è proprio quel fruitore impreparato a ritrovarsi schiacciato dagli ingranaggi del sistema, senza neppure accorgersi che lentamente ha perso proprio le caratteristiche che lo rendevano umano.
Il pensiero che una carezza o un sorriso possano essere sostituiti da dei bite inviati tramite adsl mi fa inorridire.

Veronika

sabato 5 ottobre 2013

L'approccio di Wolfson alla schizofrenia

Per il vostro weekend antipsichiatrico vi segnalo un articolo molto interessante sulla figura dello scrittore Louis Wolfson, sconosciuto ai più (me compresa fino all'altro giorno), ma che ha saputo approcciarsi alla sua stessa condizione in un modo molto creativo.



Veronika